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C’eravamo lasciati al provvedimento della procura di Taranto che disponeva gli arresti domiciliari per i patron dell’Ilva (Emilio e Nicola Riva e 6 alti dirigenti), nonché il sequestro degli impianti a caldo dello stabilimento: parchi minerari, l’agglomerato, la cokeria, l’altoforno e le acciaierie. Il Tribunale del Riesame investito dal ricorso dell’azienda, richiedente la revoca degli arresti domiciliari degli imputati e la rimozione dei sigilli agli impianti, aveva disposto la rimessa in libertà per quattro dirigenti, confermando la misura per i proprietari dell’Ilva e il direttore dello stabilimento Luigi Capogrosso, confermando il sequestro delle strutture con “facoltà d’uso”, ovvero l’ utilizzo ai fini della loro definitiva messa a norma. Il Riesame, inoltre, aveva nominato il Presidente dell’ Ilva , Prefetto Bruno Ferrante, custode e amministratore degli impianti sequestrati, (responsabile, tra l’altro, delle problematiche inerenti la gestione del personale ivi occupato), affiancandolo ai tre esperti nominati a suo tempo dal Gip per le procedure tecniche atte alla gestione e monitoraggio degli impianti. Così il dispositivo del Tribunale, in attesa della pubblicazione della sentenza. Tutto ciò aveva ingenerato ottimismo a ogni livello sia per quanto relativo alla questione occupazionale che per la tutela dell’ambiente. Si stima in 336 milioni di euro la cifra destinata per decreto dal Governo Monti per la riqualificazione ambientale dell’Ilva, mentre l’azienda dal canto suo parteciperebbe con 90 Milioni. Ma E’ notizia di Sabato 10 Agosto che il Giudice per le indagini preliminari, Dottoressa Patrizia Todisco, ha diramato due ordinanze con le quali ha destituito Bruno Ferrante dalla carica di custode giudiziario, e ha ribadito, a rinforzo del pronunciamento del Tribunale del Riesame, che l’attività negli impianti sequestrati deve limitarsi esclusivamente al loro risanamento, spiegando che il provvedimento deve essere “funzionale alla tutele delle esigenze preventivo cautelari indicate dalla Legge”, ovvero, deve evitare che l’attività degli impianti possano peggiorare le condizioni ambientali, e la reiterazioni di quei reati che hanno determinato il provvedimenti della Procura. Così quello che prima si era presentato larvatamente come un conflitto tra due diritti fondamentali e di uguale dignità, quello al lavoro e quello alla salute, in questi giorni si ripropone con tutta la pienezza della sua drammaticità. Interrompere il processo produttivo dell’ Ilva significa assestare un duro colpo al PIL della Puglia (solo l’Ilva ne costituisce il 20%), con ripercussioni sul lavoro dei 12.000 operai impiegati nello stabilimento, per non parlare di tutto l’indotto che gravita attorno al più grande impianto siderurgico d’Europa, ma non si può muovere responsabilità alla Magistratura che ha svolto il proprio compito in ossequio alla Legge e a tutela della salute di migliaia di cittadini tarantini. Nuovamente ci troviamo innanzi alla lodevole opera della magistratura che, per l’ennesima volta, supplisce alla mancanza di una seria politica industriale di sviluppo compatibile, obbligando le Istituzioni a fare la loro parte, mettendo a nudo contemporaneamente, le manchevolezze di una classe imprenditoriale dedita, a giusta ragione, alla massimizzazione dei profitti ma del tutto restia all’attuazione di un processo produttivo rispettoso dell’ambiente e della salute delle persone, perché anche gli interventi eseguiti sugli impianti negli ultimi anni, volti a ridurre gli effetti delle emissioni inquinanti, si sono dimostrati insufficienti alla luce delle perizie epidemiologiche ordinate dai magistrati. E’ un periodo denso di nubi quello che si prospetta sui cieli di Taranto, mentre scriviamo questo pezzo, apprendiamo che il Governo ed esponenti politici hanno contestato l’operato della Magistratura ritenendolo non in linea con gli accordi presi tra le Istituzioni. Il Ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, tra l’altro denuncia che non è competenza della magistratura disporre la chiusura di un impianto perché l’autorizzazione è concessa o revocata dal suo Ministero. Il Ministro di Giustizia Paola Severino ha disposto l’acquisizione dei due provvedimenti in questione. Ci auguriamo soltanto di non assistere ad un altro conflitto di competenza tra poteri dello Stato, non si sente davvero bisogno con tutto ciò che il Bel Paese sta passando. In questo momento desideriamo rivolgere un pensiero ai nostri corregionali tarantini, coinvolti in giochi più grandi di loro, unici a pagare conseguenze comunque vadano le cose.

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